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Fridays for future, sui passi di Greta Thunberg

A cura di Amelia Moro

Conversazione con Francesca Ghio, portavoce di Fridays for future – Genova e membro del Comitato Nazionale. Si definisce da 25 anni orgogliosamente genovese, lavora nel mondo del vino naturale.

Raccontaci come sei entrata a far parte di Fridays for future – Genova

Sono rimasta colpita dalla battaglia di Greta, e avendo visto che in alcune città italiane si stava portando avanti il suo esempio, mi sono chiesta se a Genova esistesse già qualcosa di simile. Effettivamente un gruppo si era creato, e a gennaio ho conosciuto i tre organizzatori durante uno dei presidi del venerdì a De Ferrari (tutti i venerdì dalle 17 alle 18 i volontari di Fridays organizzano dei presidi in piazza De Ferrari dove potete conoscerli) e ho chiesto di partecipare. In quella fase il gruppo era ancora ad uno stato embrionale, io mi sono occupata di creare una pagina Facebook e Instagram, e così è diventato possibile iniziare a stringere una rete di contatti che mano a mano si è allargata sempre più. Ci siamo coordinati con le altre città che avevano creato dei gruppi e poi è nato il Comitato Nazionale, che a sua volta si coordina poi con il livello europeo. C’è stata una prima riunione del comitato a Milano, e ne verrà fatta una seconda a settembre

Come è stata l’esperienza di partecipare alla prima riunione del Comitato Nazionale?

C’era una grandissima energia, è stato emozionante vedere tanti ragazzi riuniti in quell’auditorium, sembrava come prima del concerto del tuo cantante preferito! È stato bellissimo incontrarsi tutti di persona e discutere insieme dei temi che ci stanno a cuore. Poi siccome una ragazza si era sentita male, a sorpresa sono stata coinvolta per sostituirla come moderatrice della tavola rotonda, non me lo aspettavo, ma quando mi fanno una proposta io mi butto e dico sempre di sì! Inoltre ho molto apprezzato il fatto che si sia deciso di “pareggiare” i costi del viaggio per ciascun partecipante, ovvero chi aveva speso poco ha versato dei soldi, chi aveva speso molto perché veniva da lontano li ha ricevuti, in modo tale che alla fine la cifra fosse identica per tutti.

Parlaci dello sciopero del 15 marzo!

Quella è stata la prima grande sfida per noi: esistiamo da così poco tempo, non siamo un’associazione radicata nel territorio, con delle basi, con dei finanziamenti… non è stato facile capire come muoversi, rapportarsi con le varie autorità, il comune, la prefettura, chiedere i permessi, gestire la comunicazione… il giorno prima della manifestazione la Digos mi ha chiesto quante persone ci aspettavamo: gli ho risposto 200 persone. Non credevo che saremmo stati molti, ma per me era davvero importante che Genova ci fosse, desideravo con tutto il cuore che la mia città partecipasse a questo movimento, anche con una piccola presenza. Invece quel giorno eravamo tra le 8.000 e le 10.000 persone.

C’è stato da poco un secondo sciopero, quello del 24 maggio, come è andato? Prevedete di organizzarne altri?   

Lo sciopero è andato bene, anche se non è stato partecipato come il precedente, abbiamo comunque raggiunto le 3000 persone. Per noi era importante dimostrare che non siamo un fuoco di paglia, molti ci dicevano “avete fatto il boom e adesso basta, accontentavi di quello che avete raggiunto… tanto non otterrete mai nulla…” invece abbiamo voluto rendere chiara la nostra intenzione di proseguire con continuità questo progetto, e la città ha mostrato che l’interesse per questi temi c’è, c’è davvero. Allora anche le istituzioni iniziano a guardarti con occhi diversi, a considerarti come un vero interlocutore. Perché certo ognuno nel suo piccolo può impegnarsi per l’ambiente, ma è la politica che può prendere dei provvedimenti importanti e con un peso ben maggiore, e la politica agisce solo se vede che questi temi stanno a cuore alle persone. Non vogliamo fermarci, il prossimo sciopero sarà a settembre ma la data è ancora da stabilire.

Quali sono gli altri vostri progetti?

Sicuramente continueremo a portare avanti gli appuntamenti del venerdì a piazza De Ferrari, che sono un po’ il nostro “filo rosso”, e il 21 giugno saremo al Suq per un incontro dal titolo Future tea time. Ma ci sono molti altri progetti in cantiere: attualmente stiamo collaborando e stringendo rapporti con varie realtà che si occupano di ambiente a Genova, da gruppi cittadini, a comitati, ad associazioni, a realtà storiche di quartiere, così da sfruttare l’attenzione mediatica che adesso abbiamo per far conoscere tante battaglie (come quelle legate all’inquinamento dell’area del porto) e per unire le realtà singole in un solo grande obiettivo. Non mi piace neanche dire che lottiamo per l’ambiente, perché di fatto la Terra, l’ambiente, sopravvive anche senza gli esseri umani, siamo noi che stiamo rischiando l’estinzione.

Quanti siete attualmente a Genova, e ogni quanto vi incontrate? E’ possibile partecipare?

Al momento nel direttivo siamo in 5, mentre i volontari sono circa 80. Oltre ai presidi dei venerdì, facciamo una riunione una volta al mese. Fridays for future è una realtà che vuole essere il più possibile inclusiva, siamo apartitici, e felici di accogliere chiunque voglia partecipare. L’unica condizione che poniamo è che ci sia rispetto reciproco. Siamo tutti volontari e bisogna accettare e rispettare le idee, il tempo, la disponibilità che ciascuno può offrire.

E tu perché hai scelto di entrare in Fridays for future? Perché hai deciso di dedicarti proprio a questa battaglia?

Sin da piccola ho sempre avuto una particolare sensibilità per l’ambiente, non mi piaceva vedere gli altri bambini che torturavano dei piccoli animali, mi faceva sentire a disagio. Ho iniziato a farmi delle domande, e da quelle domande sono arrivate nuove domande. A volte fa paura l’idea di andare oltre la superficie, ma ho scelto comunque di approfondire, ho voluto guardare documentari sugli allevamenti intensivi, o sulle conseguenze della deforestazione, anche se mi facevano stare male. Lentamente ho iniziato a collegare i puntini, a capire che tanti fenomeni facevano parte di un problema più grande. È difficile fare questo, perché se non sai e non vedi hai la sensazione di avere la coscienza pulita. Invece quando sai, allora capisci che puoi e devi fare la differenza nel tuo piccolo.

Come si fa a fare la differenza?

Con la comunicazione e la pazienza. Il rispetto per me è fondamentale: che sia per l’ambiente, o per chi è diverso da noi per etnia, o per orientamento sessuale. Non mi sono mai abituata ad un certo linguaggio violento e irrispettoso ed è una cosa che cerco di far capire a chi sta intorno a me. Per portare avanti questi temi la capacità di comunicare nel modo corretto è fondamentale: il muso duro non serve a niente, perché porta le persone a chiudersi. Bisogna andare avanti passo dopo passo, con grande pazienza. Per esempio: nel locale in cui lavoro sono riuscita a farmi promettere che non compreranno più cannucce di plastica! L’importante è capire che lo scopo non è solo urlare il tuo messaggio, non basta dirlo, ma deve essere capito, perché solo così arrivi davvero nel cuore delle persone, e non se lo dimenticano.   

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